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Catturare la felicità

31 Marzo 2022

Come si può catturare la felicità? Essendo felici. Rimanendo umili e semplici.

Ad un certo punto della mia carriera di fotografo ho realizzato quanto fosse importante trasferire nei miei soggetti la mia energia. Quell’energia che poi ci unisce e crea un magico vortice di scambio emotivo, il cui risultato è impresso nell’immagine come una traccia, un’impronta.

Attraverso gli scatti di questo bellissimo giorno per Benedetta, il conseguimento della sua seconda laurea, voglio illustrarvi cosa significa concretamente per me “catturare la felicità”. Il mio modo di fare fotografia è tutto incentrato sullo sviluppo di immagini “ricche di autenticità”. Dove per “autenticità” intendo “onestà”, ovvero che non ha pretese di assomigliare ma di esprimere. Ed è proprio la gioia che qui intendo raccontare e diffondere.

L’era del digitale e del fake: il bisogno del ritorno alle origini

Quando ho iniziato ad avvicinarmi alla fotografia l’ho fatto per conseguenza alla mia passione per l’arte digitale, il design elettronico, il foto-ritocco e la manipolazione digitale. Un’appassionata del fantasy da sempre, per tanto tempo ho cullato quella parte “fantasiosa e sognatrice” del mio essere. Negli anni ho esplorato e coniugato attraverso varie forme di comunicazione visiva digitale ogni mia sfumatura emotiva interiore. Non a caso ho lavorato come designer per oltre dieci anni online, prima di dedicarmi in modo totale e ufficiale alla fotografia. Tuttavia ho assistito gradualmente ad un abuso di potere della manipolazione digitale e al conseguente degrado dell’immagine dell’umano.

Il gigante esercito di volti di plastica

Si insedia meschinamente l’idea di una perfezione dell’immagine atta a liquefarci ogni difetto, discromie, rughe, linee di espressione. Il risultato è un gigantesco archivio digitale di falsi ritratti dell’umanità, in cui ciascuno si rappresenta nella versione migliore di sé, quella senza brufoli e con i denti bianchi neve. Un mostruoso lascito di bugie. Un’omologazione di massa alla “plastic face”.

All’inizio questa era una malattia per i ricchi della Terra. Coloro che subivano gli interventi di chirurgia estetica, restandone poi vittime, schiavi di un volto di plastica incapace di esprimere emozioni. Oggi è la malattia del globo terrestre, di tutti i poveri che popolano il cyberspazio. Con una semplice app sullo smartphone, attraverso un click cancelli tutti i tuoi tratti peculiari, omolongadoti al resto delle cartoon faces diffuse nel globo digitale: “Adesso anche tu fai parte dell’esercito di frustrati e insicuri, complimenti!! Eccoti lo scettro di raggiunta omologazione al mondo delle plastic faces”.

Tutto questo suona agghiacciante solo a me? Ad ogni modo nel tempo, con la mia fotografia, ho sentito sempre di più l’esigenza di ritornare ad un mondo più autentico. Le mie fotografie sono destinate all’introspezione. Raccontano i legami con gli altri, i sentimenti che proviamo, i ricordi che costruiamo. Il mio intento non è quello di “far vedere”, ma di “far provare, sentire”.

Catturare la felicità mi fa felice

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